Afghanistan (II)

Islamismo e liberazione nazionale

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Alessandro Mantovani, 5 settembre 2021

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“… L’Islam  vede  la  religione  come  un  modo  di vivere, un insieme di comportamenti, una legge, un ideale politico; […] Ciò spiega come l’Islam abbia potuto tradursi, e continui a tradursi anche oggi, in un programma di unificazione politica e d’indipendenza nazionale […] la rivoluzione compiuta in nome degli  ideali islamici costituisce uno dei fenomeni più grandiosi della nostra epoca.” (Ambrogio Donini, Breve storia delle religioni, Newton Compton, Roma, 1989).

Dicevo nella mia precedente nota sull’Afghanistan che l’opinione secondo cui i Talebani sarebbero “reazionari” ha acquisito anche presso le sinistre rivoluzionarie la solidità di un pregiudizio che non necessita di essere dimostrato. Su cosa si basa (consapevolmente o inconsapevolmente)?

  1. su di un diffuso – ma non comunista né marxista – sentimento anti religioso che denota sudditanza verso il laicismo borghese;
  2. sull’ignoranza del mondo islamico in generale, dell’islamismo radicale in particolare, e del ruolo storico di alcune tra le sue molte correnti nella lotta anti imperialista ed  indipendentista dei paesi musulmani in specifico;
  3. sull’idea sommaria che islam, integralismo islamico ed oppressione della donna siano sinonimi;
  4. sull’”universale consenso”, da leghisti a movimentisti, che i talebani siano la peggior versione di tale misoginia di fondo;
  5. sull’ignoranza della complessità che caratterizza la società afghana, e del ruolo storico che vi rivestono i talebani;
  6. ultimo ma forse ancor più importante, sul misconoscimento della rilevanza del fattore nazionale nella storia, dell’importanza della formazione degli stati nazionali,  dei processi che vi conducono.

Senza atteggiarmi ad “esperto”, ho cercato di affrontate questi cliché nel mio libro Rivoluzione islamica e rapporti di classe, Afghanistan, Iran, Iraq (Genova, Graphos, 2006), disgraziatamente per molti aspetti ancora attuale. In questo articolo riprenderò (molto succintamente) quanto scrivevo allora sui primi punti. In quelli che seguiranno riprenderò brevemente la mia analisi sull’Afghanistan ed i talebani cercando di aggiornarla con gli elementi a disposizione dopo vent’anni di presenza occidentale.

Il risveglio islamico

Molti dei nostri “rivoluzionari” occidentali, senza aver approfondito, ripetono a sproposito il famoso aforisma di Marx secondo cui la religione è “l’oppio del popolo”, traendone la conclusione che i comunisti debbano avere come proprio compito immediato estirpare la religione, assumendo come alfa ed omega il laicismo borghese (quello stesso, per intenderci, che diventando a sua volta dogmatico, vuole ad es., in Francia, obbligare per legge le donne islamiche a togliersi il velo). Ma il povero Marx non ha nulla a che fare con tale stupidaggine radical-borghese. Per lui “il riflesso religioso del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali fra di loro e fra loro e la natura”: vulgo, in una società socialista. In mancanza di un completo rivoluzionamento dei mezzi di produzione, e di un affrancamento dell’uomo dalla lotta individuale per l’esistenza e dalla tirannia del mercato, come diceva Lenin, “proclamare compito politico del partito operaio la guerra alla religione non è che una frase anarchica”. Senza dilungarci sulla questione ricordiamo come a certe condizioni Lenin ammettesse perfino l’adesione di preti al partito socialdemocratico, e che, guarda, un po’, i bolscevichi al potere decisero di ammettere anche i musulmani come membri del partito comunista. (Continua a leggere…)

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